GIGLIO: I MUFLONI, IL PARCO E GLI “ASCARI” IN SERVIZIO PERMANENTE EFFETTIVO

Franco Zunino, presidente AIW (Associazione Italiana Wilderness) difende la scelta di abbatterli: storia esemplare di un certo “ambientalismo” italiano … di Alessandro Baldasserini
“Acari (ar. ‛askar «soldato») Truppe indigene nel colonialismo di Italia e Germania. Gli A. italiani, originati da bande di mercenari operanti in Eritrea e poi reclutati anche in Yemen, furono trasformati in regolari nel 1887 dal generale Antonio Baldissera. I loro battaglioni, con ufficiali italiani e divisi per colonia di provenienza, fornirono la massa della truppa nelle guerre in Africa. Proverbiali per fedeltà e valore. Nei primi anni del 20° secolo fu coniato il termine spregiativo «ascarismo» per definire l’atteggiamento servile nei confronti di Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio”.
Enciclopedia Treccani
La notizia della scoperta scientifica, fatta da un gruppo indipendente di studiosi di fama internazionale e pubblicata su una delle più prestigiose e autorevoli riviste mondiali del settore, riguardante il DNA dei mufloni dell’Isola del Giglio (vedi: #ALIENI / Studio scientifico: il DNA dei mufloni del Giglio è “unico al mondo”) ha avuto grande risonanza sulla stampa nazionale: da “La Nazione” – con un articolo di Maurizio Costanzo – al “Corriere della Sera” fino a “La Stampa”. Oggi si è accodato, meglio tardi che mai, anche “Il Tirreno”: che, evidenziando già nel titolo come ciò “mina il progetto di eradicazione del Parco”, concede tuttavia il diritto di replica a chi difende la scelta di abbatterli. Professionalmente corretto, tranne un piccolo particolare …
Infatti, a intervenire non è direttamente il Parco Arcipelago Toscano (che si guarda bene dall’aprire bocca) bensì Franco Zunino, presidente dell’AIW – Associazione Italiana Wilderness, riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente. Chi siano e cosa facciano lo diremo poi. Cosa ha detto Zunino? Aperte virgolette: “Anche quando la caccia è un bene per la conservazione della natura, viene fatta passare per un male”. E fin qui si può discutere ma è una legittima opinione. Poi, però, nella frenesia di prendere le difese del Parco – e di Giampiero Sammuri che, ricordiamolo, è anche Presidente Nazionale di Federparchi – commette un clamoroso autogol: “Ora hanno trovato il grimaldello per evitare l’eliminazione dei mufloni. Il DNA ha dimostrato che quei mufloni avevano origini sarde e non sono mai stati incrociati con altre popolazioni, ma che c’entra? Anche i mufloni sardi hanno lo stesso DNA: la popolazione originaria era ed è quella sarda”. Quindi, forse confuso dall’eccesso di zelo, conclude così: “Al Giglio è la flora che va protetta in quanto autoctona (nell’Isola nessuno mangia pomodori o patate? NdA) e non il muflone, specie immessa (come, suppongo, in epoche remote cani e gatti che dubito siano approdati a nuoto… NdA)“. Ed ecco il “tocco di classe” finale: “Non li si vuole abbattere? Bene: si tassino gli anti-caccia e con quei soldi li si catturi e ritrasporti in Sardegna”.
A parte il fatto che il progetto di “eradicazione”, basato su studi ed “evidenze scientifiche” inesistenti e ora smentite da questa ricerca, è costato all’Erario italiano diverse centinaia di migliaia di euro e semmai ci si dovrebbe ora chiedere chi risarcirà i danni alla Natura, alla Biodiversità e alle casse dello Stato, delle due l’una: o Zunino ha letto superficialmente lo studio (forse non mastica bene l’inglese: siamo pronti a fornirgli la traduzione in italiano) oppure – peggio – l’ha voluta (come si dice a Roma) buttare in caciara. Perché è scritto a chiare lettere che la popolazione del Giglio, originaria sì della Sardegna, ha nel corso dei decenni mantenuto intatto il proprio DNA “ancestrale” che la rende adesso “unica al mondo”: ergo, gli esemplari di oggi si possono considerare a tutti gli effetti autoctoni dell’Isola e con quelli della Sardegna, che invece nel frattempo si sono incrociati con altre razze, non hanno più nulla da spartire. Come, peraltro, anche l’ISPRA aveva a suo tempo sottolineato, sconsigliando in una relazione tecnica il trasferimento dei mufloni del Giglio in terra sarda. Anche se, detto per inciso, tale relazione doveva servire per autorizzare il Parco all’abbattimento … Comunque, capisco – anche se non giustifico – lo zelo di Zunino, che lo iscrive d’ufficio nell’elenco degli “ascari” a difesa del Parco.
Eh sì, perché c’è “quel” particolare che “Il Tirreno” si è dimenticato di evidenziare … Eccolo: come si legge nel sito di AIW, l’Associazione – ideata dallo stesso Zunino – “è stata fondata nel 1985 ad Alberese (provincia di Grosseto) con lo scopo di diffondere in Italia la filosofia wilderness”. Ma tu guarda che coincidenza! Cosa c’è, infatti, ad Alberese? La sede del Parco regionale della Maremma, meglio conosciuto come “Parco dell’Uccellina”. E chi era, all’epoca, presidente del Parco? Dai su, è facile … Indovinato: Giampiero Sammuri. Davvero, ma quanto è piccolo il mondo (specialmente quello dell’ambientalismo italiano)…
Ci sarebbe, infine, una curiosa storia avvenuta qualche tempo fa in provincia di Frosinone. L’AIW, a oggi, gestisce in Italia 68 “Aree Wilderness”, per un totale di 52.000 ettari. Orbene, accade che Zunino si scagli contro una non meglio identificata “consigliera regionale Bianchi” che si batte nel Lazio per l’istituzione del Parco regionale dei Monti Ernici, a tutela di quel particolare ecosistema. Un progetto, peraltro, sostenuto dalla stragrande maggioranza dei residenti del territorio. E lo zelante Zunino cosa fa? Attacca pesantemente la Bianchi così: “Ma la Bianchi vuole conservare i Monti Ernici o li vuole mercificare?”. Perché, è la sua tesi, “essi si possono conservare anche senza un Parco“: già, in fondo basterebbe – sono parole scritte da lui di pirsona pirsonalmente – per valorizzarli “una semplice etichetta di AREA WILDERNESS”… Capito mi hai? Ma, non contento, termina la sua giaculatoria così: “Quali sono gli interessi che la consigliera Bianchi non dice o nasconde all’opinione pubblica?”. Una domanda che oggi si potrebbe tranquillamente rivolgere allo stesso Franco Zunino… Ma, come i lettori e lettrici di #GO ben sanno, non amo sparare sulla Croce Rossa: e neanche contro gli “ascari” in servizio permanente effettivo.